lunedì 7 giugno 2010

STRANE COSE CHE SI POSSONO TROVARE FUORI DALLE PORTE DI KAIROUAN


Uqba ibn Nafì naque nel 622.


Non si conosce il luogo di nascita, ma è certo che morì vicino all’attuale Biskra, in Algeria, nel 683.

Considerato da alcuni l’Alessandro Magno arabo, fu il condottiero che iniziò la conquista del Maghreb e vi portò la religione mussulmana.

Perché ai miei occhi è così interessante Uqba ibn Nafì?

Non lo è.



I miei occhi trovano molto più interessante un soldato senza nome che faceva parte del suo esercito.

Uqba era il nipote di ‘Amr ibn al-‘As, amico e consigliere di Maometto, nonché conquistatore della Palestina e di parte dell’Egitto.

Fin da giovane Uqba aveva accompagnato ‘Amr, vedendo cadere una dopo l’altra le città del nord Africa. La morte del prozio aveva significato per lui ereditare il comando dell’Egitto occidentale.

Stabilì avamposti militari  a intervalli regolari lungo la sua avanzata verso il Marocco.

Uno di questi avamposti è Kairouan, nell’attuale Tunisia.

Siamo attorno al 670 d.c.: qui entra in scena il soldato senza nome.

Nessuno sa quali fossero le sue mansioni, né cosa stesse facendo prima di inciampare.

Forse stava andando a giocare a dadi con i compagni, forse aveva appena finito di pregare e andava in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Forse era notte e si era allontanato dall’accampamento per fare in santa pace i suoi bisogni sotto la luna, nel silenzio del deserto.

Fatto sta che inciampò.

Probabilmente tirò qualche eresia prima di capire cosa avesse tra i piedi.

Si inginocchiò, spostò lievemente la sabbia con le dita e vide nascere sotto i suoi occhi un oggetto dorato. Un calice sepolto nella sabbia.

Scavò fino a disseppellirlo del tutto.

Ancora in ginocchio lo prese in mano.

Nel medesimo istante in cui lo estrasse dalla sabbia una sorgente d’acqua zampillò ai suoi piedi.

Una fonte nel mezzo del deserto.

L’oggetto era un calice misteriosamente scomparso dalla Mecca anni addietro.

La leggenda vuole che l’acqua che sgorgava dal deserto provenisse dalla medesima fonte che alimenta la Mecca.

Kairouan in breve divenne luogo di pellegrinaggio, la quarta città santa dell’Islam.

Uqba ibn Nafì ordinò la costruzione di una moschea che sarebbe stata il modello per tutte quelle a venire.

A tutt’oggi, quella di Kairouan è una delle più grandi e importanti moschee della Tunisia.

Ovviamente il soldato senza nome rimase tale.

1244 anni dopo.

Di buon mattino un uomo dipinge fuori dalla città. Davanti a un cavalletto traccia il profilo di cupole e minareti. La luce è dolce e chiara, non c’è traccia di nebbia.

Ha i capelli corti, scuri e la barba curata. Se si volesse sapere da dove viene e di che vive, si potrebbe dire in due parole che è un musicista svizzero. Suona il violino nell’orchestra di Berna. Ma ha fatto la scuola d’arte e gli piace dipingere.

Ha 36 anni.

Perché un violinista svizzero si trovi a dipingere fuori dalle porte di Kairouan, è una domanda pertinente, ma non necessaria. Si vede così tanta gente strana in nord Africa ai primi del ‘900. Ma pare stia facendo un viaggio con due amici, un pittore e un conte.

Hanno fatto i turisti per qualche giorno, dipingendo qua e là, suonando qua e là, perdendosi tra le stradine strette dei suq. Si sono fatti abbindolare da un venditore convinti di comprare una collana  d'ambra: si sono ritrovati tra le mani un pezzo di polvere d'ambra pressata.

Sono stati a Hammamet. Hanno fatto il bagno e ammirato le ragazze finalmente senza velo, a differenza di quanto avveniva a Tunisi. Seduti in un caffè hanno ascoltato il canto di un cieco accompagnato dal tamburello. Lui ne è rimasto così colpito da annotarsi la melodia sul suo diario.

Da lì, sono partiti per Kairouan.

C’è una strana elettricità in Europa, una tensione che pervade gli articoli di giornale e le discussioni nei foyer dei teatri. E’ stato un bene fare questo viaggio ora, nessuno ha idea cosa potrebbe succedere domani. Cosa stia cercando il musicista/pittore – sempre che stia cercando qualcosa – non è dato sapere. Ma se c’è qualcosa da trovare questo è il momento giusto.

E lo trova.

“Giovedì 16.4. Di buon mattino ho dipinto fuori della città, luce lievemente diffusa, dolce e chiara. Senza nebbia. Poi ho disegnato la città. Uno sciocco che ci fa da guida provvede alla nostra ilarità. August gli insegna parole tedesche, ma quali! Nel pomeriggio ci conduce nelle moschee. Il sole vi penetra, e come! Si cavalca per un tratto su un asino.

Verso sera nelle strade. Un caffè con molti quadri. Begli acquerelli. Le nostre compere, un vero saccheggio. Una scenetta per un topo. Finisce accoppato da una scarpa. Infine siamo entrati in un caffè. Sera dai colori altrettanto delicati e decisi. Virtuosi del gioco di dama. Ora felice. Louis adocchia dei dolciumi colorati e mi invita a ritrarli perché lo so fare tanto bene.

Interrompo il lavoro. Un senso di conforto penetra profondo in me, mi sento sicuro, non provo stanchezza. Il colore mi possiede. Non ho bisogno di tentare di afferrarlo. Mi possiede per sempre, lo sento. Quest’è il senso dell’ora felice: io e il colore siamo tutt’uno. Sono pittore.”


Dal diario di Paul Klee - 1914

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