giovedì 24 giugno 2010

Critica prescrittiva

ARMI, ACCIAIO E MALATTIE di Jared Diamond
Caro il mio Diamond no, così non ci siamo proprio. Il titolo prometteva bene, e la prospettiva di un bel fantasy classico e corpacciuto, tutto spadone e macellamenti e infezioni mortali, e soprattutto privo di frocerie pseudo-adolescenziali come elfi, maghi e esseri sovrannaturali mezzi ignudi che ti ammaliano con un solo sguardo dei loro occhi cerulei, non poteva essere disattesa in maniera peggiore. Per carità la costruzione di un mondo narrativo c'è tutta, pure troppo: dettagli sulle coltivazioni, le migrazioni degli animali, i cambiamenti climatici... L'ambaradan, come dicevo, è anche troppo ricco, ma in fondo ci può stare - solo se poi ci si mette dentro una storia ben definita con dei personaggi che costruiscano qualcosa di significativo. Cose che qui mancano in maniera vistosa. Magari l'ambizione era quella di creare un Silmarillion dei tempi odierni, meno allegorico e più scientificamente fondato, ma quello lo si può fare solo dopo aver scritto il Signore degli Anelli (mentre il Diamond, prima di questa opera, ha dato alle stampe una raccolta di brevi raccontini ambientati nell'universo narrativo di "Sex and the City", intitolata "Perché il sesso è divertente?").



FATTI E FATTOIDI di Gillo Dorfles
Un'inchiesta durissima, questa di Dorfles, su uno dei sottoboschi che più ha proliferato negli ultimi anni in Italia: quello dei cocainomani, dei giovani in cerca dello sballo perenne, dei manager trentenni che devono stare sempre sulla cresta dell'onda, abbiano loro a che fare con una tiratissima seduta di borsa, un aperitivo alla morte o delle acrobatiche sessioni d'accoppiamento con la valletta/velina/segretaria di turno. Il Dorfles delimita giustamente la propria zona d'investigazione a una determinata zona di quella Milano che, negli ultimi anni, da liquida è diventata in polvere, una Milano non più da bere ma da tirar su con il naso (e non perché il tempo sia sempre uno schifo, anche se il Dorfles ci scherza su a più riprese). Ecco quindi che il fine saggista lascia prima posto al ruspante investigatore alla ricerca di fatti concreti, e quindi allo strampalato fattoide (l'autore non lo ammette esplicitamente, ma si intuisce, fra le numerose righe, come ci sia stata una mimesi profonda fra l'interpretante e i vari oggetti dell'interpretazione). Il background teorico è comunque sempre rigoroso: i dati raccolti in anni e anni di ricognizioni con il SerT di Quarto Oggiaro non vengono solo inseriti all'interno di una più generale critica che esula dal mero resoconto, ma anche riletti alla luce delle più aggiornate teorie sulle neuroscienze quantistiche.

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