venerdì 4 giugno 2010

Non tutti gli aperitivi. La prefazione dell'autore

Con un certo


DUBBIO


si late quindi qui niente meno ch’una


*** Prefazione dell’Autore ***


nella quale l’Autore tenterà di


accennare brevemente


a tutta una questione che ~ gli Preme ~


[evidentemente]


ma!


questo gesto essendo motivato


[fondamentalmente]


dal doversi parare in qualche modo


IL CULO!


(od altre più nobili, insostituibili pudenda)


*


.. da critica et menzogna.


**


Poi verrà:


il ROMANZO


***


o così l’Autore stesso


ci assicura


A B B A S S A N D O  lo  S G U A R D O


però


* * *


lid'l_sid'l

Sicché vennero a bussare ai modesti battenti bronzei con finiture d'elettro della mia umile porta gli aedi di Cipango: a propormi ampio spazio cartaceo, libertà del tipo come-a-me-piacesse, gloria, NUMEROSI aperitivi alcolici, emolumenti inimmaginabili - financo diritti quasi-medievali - in cambio d’alcune paginette delle mie: sì povere e vergognose, io sapéa in anticipo, che a fatica potevo anche solo ponderare una tale (pr)offerta. Accettare, poi, mi pareva atto inelegante: e fuori discussione quindi.

Accettai di buon grado, naturalmente.

Misi tastiera, immantinente, all’opra. Ma non tardò - via via che le cartelle composte s’ammonticchiavano sul ripiano di tek del mio scrittoio Biedermeier, nello studiolo buono: con una certa facondia, se devo essere sincero, e mio grande diletto; non tardò, dicevo, di palesarsi una temibile, atroce difficoltà: tremebonda, a farmi tremar'appunto i polsi, e i precordi. Come - mi chiedevo, sudando freddo - come: come fare!, a mettere in relazione questo novissimo atto de’ lettere con il resto di mia - lo dico senza tema d’esser smentito - di mia sterminata produzione? Come – ed era questo, il nocciolo della questione - come inserirlo, questo nuovo ponderoso Sforzo, nel mio proprio Canone, sì che tutto in fine avesse a risultare preciso e millimetrico e ad-incastro: come in quelle complicate macchine sbuffanti di ingranaggi, e bielle, e cinghie di trasmissione?

[Vero, soprattutto, avéa da risultare.]

Sviluppai bén presto una terribile forma di gelosia: nei confronti di questo mio nuovo scritto, certo; nei confronti delle gesta, mie, che ne costituiscono materia base: e dell'afflato narrativo che vi ho infuso [e che continuerò, a dio piacendo, ad infondervi].

Una facile via di fuga, me lasso, credo non esista. E ancor’oggi – distante mesi dalla commessa – ancor’oggi mi scopro a pensarci, spesso; soprattutto verso sera, nell'ora terribile del bujo che cala: i cani che s’acchetano impauriti nel Mistero; ci penso quando nella Sala Rossa sono intento a lucidare con il Sidol le teste d’argento dei bastoni da passeggio della mia amatissima collezione: attività che è solita recarmi, con regolarità ineccepibile, una certa - come dire - quiete ispirituale.

Quella quiete che sembra, di recente, velata: invetrata d'un'impalpabile, quasi impercettibile - non so: insicurezza?

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