venerdì 25 giugno 2010

Capitolo 1, terza puntata

[nel quale c’è – nel breve spazio d’una cartella – il vanire della tacchénza lirica delle due precedenti puntate, e un cenno finale d’allegoria – ma blanda, così.]

Tutti si scivolava lenti, quindi, sulla placida oleosa superficie della vita universitaria: e la città era nella sua carinissima dimensione provinciale un dedalo di viuzze da percorrere assetati e affamati e turbati ed eccitati la notte: da percorrere come questa frase – senza virgole, senza respirare, in una specie di apnea buffa, trascinati nel rotolìo. Un dedalo che non aveva colori – o, forse, li aveva solo per i più attenti di noi – e non aveva mezzitoni od ombre; e il blu prodigioso e profondo del minuto prima del tramonto sfuggiva, in qualche modo, agli strati coscienti de’ sensi; e l’unico dato di luce che registravamo era quel sole infuocato prima, invece, del tramonto: un unico raggio bianco intenso che forava gli occhi di chi pedalava lungo l’asse sud est – nord ovest, da’ quartieri residenziali al centro, alla piazza, agli spritz; e forati gli occhi questo monoraggio di sole riverberava fortissimo contro le pareti interne della testa, accecando nel processo anche lo spirito - mentre su bici sghembe e trabiccolanti si schivavano a-pelo persone, altri studenti, elementi d’arredo urbano che sembravano cambiar posizione, giorno dopo giorno, come mossi da volontà e zampe proprie.

Sulle nostre bici pedalavamo: e le nostre bici erano il più percettibile segno dell’ordine biologico della città attorno – ecosistema complicatissimo e bizzarro, costruito su simbiosi stravaganti e selezione naturale; e le carogne delle bici abbandonate venivano aggredite come-in-natura lentamente, da aggressori diversi; e prima venivano mangiate le parti molli, le selle e i campanelli – dopodiché toccava al resto, piano, un pezzo per volta: finoacché non sarebbero rimaste nient’altro che carcasse stortignaccole e sofferte e tristi, a calcinare nel sole – a traforarsi nell’umido.

1 commento:

  1. Reportages come quello su Overton Kavanaugh?
    Non c’è la penna di Davide dietro quella perla vero?

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