lunedì 14 giugno 2010

Calàfati

Cammino tra le calli. Manca mezz’ora al tramonto e l’aria è stranamente tersa.
A due passi dall’Arsenale, sul portone della chiesetta di San Martino un volantino mi induce in tentazione. L’occhio è attratto da una sequenza di lettere ancor prima che il cervello abbia attribuito loro un senso: Calàfati.
Orpo, i calàfati!
Da molti anni i calàfati mi intrigano. Fin da bambino, quando lessi la fiaba di Griselda nel palazzo calafatato.
Davanti al portone della chiesa, le mani in tasca per il freddo, contemplo la scritta:
 
SOCIETÀ DI MUTUO SOCCORSO PER CARPENTIERI E CALAFATI.

Forse non tutti sanno cosa sia un calàfato, ma per questo esiste il vocabolario e in fondo ha un’importanza relativa.
Perché quel che c’è scritto sul volantino è ancora più interessante e soddisfa un’insaziabile domanda dell’uomo moderno: il calàfato ce l’ha il Santo Patrono? Ce l’ha, e c’è scritto.
Lo leggo, e so che meriterebbe di essere inciso sulla pietra o scolpito sul portone della chiesa.
Lo leggo, e fin da subito sale al primo posto nella mia personale top ten dei santi.

San Foca.



Scorro velocemente il volantino.
5 marzo zorno de San Foca –  funzione in suo onore, festa, pranzo conviviale fra i soci, pomeriggio danzante e classica lotteria finale.
Sono sconvolto. Non solo diventa un obbligo morale partecipare alla festa e al pomeriggio danzante, ma ci sono domande che esigono risposte e io devo saperne di più su San Foca.
La mia consulente agiografica risponde al quinto squillo.
Cosa sai dirmi su San Foca?

San Foca, martire, invocato contro il morso dei serpenti, patrono dei giardinieri, degli agricoltori e dei marinai. E a Venezia anche dei calàfati.

Il giovane Foca nasce a Sinope, un piccolo paese turco sulle sponde del Mar Nero.
Fin da piccolo Foca è un bimbo che ama la vita all’aria aperta, l’erba soffice, l’acqua chiara. Ma ciò che più ama è aiutare il suo babbo in orto.

E' dolce e gentile con tutti, aiuta gli anziani ad attraversare la strada e porta la spesa alle vecchine fino a casa. Il babbo è contento di lui. Non sa che questa sua gentilezza a scuola può costare molto cara.
Foca, così com’è, è una vittima predestinata del bullismo.
Già alle elementari è lo schiavetto delle perfide compagne di classe. Persino i bidelli lo sfruttano e gli fanno pulire l’aula al posto loro.
Alle medie è il bersaglio preferito di Cabbar e della sua banda. Gli rubano la merenda, lo chiudono nei bagni, gli strappano il compito in classe a 2 minuti dalla consegna.
Ma Foca è sempre gentile e non si lamenta. Perché sa che quando torna a casa può andare in orto.
Lì non esistono preoccupazioni.
Mentre Cabbar lo picchia, lui pensa ai ravanelli. Mentre passa ore a quattro zampe facendo da sgabello a Cabbar,  pensa alle tegoline da anaffiare. Mentre la ragazzina più bella della classe – della quale è segretamente innamorato - lo deride strusciandosi su Cabbar, lui conta le fasi lunari per decidere quando seminare la rucola.
Foca ha un sogno. Fare l’ortolano.

Sono anni di soprusi e ingiustizie, ma Foca non demorde.
Un giorno, ascoltando un tizio che passa per il villaggio, rivede la sua vita nelle beatitudini di Cristo. E’ la conversione.

Gli anni passano, finalmente è ortolano.
Foca è apprezzato in giro per la sua maestria ortofrutticola non di meno che per la gentilezza ai limiti del ridicolo.
Siamo tra il I e il II secolo d.c. e l’ottimo imperatore Traiano non vede di buon occhio i cristiani.
Un giorno, due soldati stanchi e affamati bussano alla sua porta per chiedere informazioni su un cristiano, tal Foca, contro il quale è stata pronunciata sentenza morte cui devono dare esecuzione.
Lui, li fa entrare e dà loro ospitalità.
Va a raccogliere rucola e pomodorini e prepara una pasta da leccarsi i baffi.
Mentre i soldati mangiano, Foca esce in orto, prende un badile e si scava la fossa da solo.
Rientrato, lava i piatti, prepara il caffè, poi rivela loro la sua identità.
Li prega di non affrettarsi a bere il caffè – potrebbero scottarsi – tanto la fossa l’ha già scavata lui.
Posate le tazze, lo portano in orto.
La leggenda vuole che le due guardie gettarono Foca nella fossa assieme a numerosi serpenti. Dove i soldati tenessero questi serpenti non si sa, ma sicuramente dopo il caffè volevano fare il minor sforzo possibile.
Purtroppo i rettili non lo morsero.
Curiosamente le due guardie in tutto ciò non videro alcun segno divino, perciò – seppur con poca voglia – fecero uno sforzo e lo finirono di propria mano.

San Foca.
E’ imperativo che il mondo lo conosca e spetta ad ognuno di noi far sì che ciò accada.
Sanjuro si impegna fin d'ora nel proporre a Mediaset una fiction sull'argomento. Possibilmente con Beppe Fiorello nel ruolo di Foca.
Chiunque volesse aiutarci nel nostro proposito può chiedere a gran voce una fiction su San Foca all'indirizzo http://www.tv.mediaset.it/canale5/form/form_30.shtml

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