venerdì 30 luglio 2010

Capitolo 1, sesta parte

[e la definizione di dipsomania narra di accessi periodici inevitabili di ingestione d'alcolico: seguiti però da quiete e pacificazione durante la quale le bevande spiritose provocano addirittura, al pensiero, ripugnanza. E quindi arriverà anche il momento per parlare di frivolezze e massimi sistemi, e per fare sobrie riflessioni sulla Vita eccetera. Ma, per ora-]

... senza limite alcuno: come a dover spegnere una sete immanente, e implacabile. Vagavamo — quando non s'era negli stabilimenti preposti al servir l'alcool - vagavamo da una festa all'altra, da un appartamento all'altro; e il Portoghese - l'immagine standard dell'imboscato - era in pratica modellato sulle nostre gesta. E non v'era orario, non v'era porta o invito che non potessero esser'infranti dalla nostra trascinante, piacevolissima invadenza; e intimamente consci che una festa non fosse festa abbastanza se sgombra d'imboscati - se non-piagata da furto - apponevamo il visto del nostro apprezzamento saccheggiando, come vichinghi giunti attraverso il sentiero-delle-balene a violentar le coste d'Albione.

Piccoli tavoli e mensolétte ospitavano nei salotti bottiglie - i ripiani delle cucine ne erano coperti: i frigoriferi èran' talmente stipati di lattine da equivalére a parallelepipedi di birra; altre lattine a galleggiare quiete nelle vasche da bagno piene. Nel caldo dell'estate appiccicosa d'una immobile città di asfalti rappezzati - impossibile trovare requie termica - persino frutte innocenti come le angurie venivano imbibite, saturate di vodka, a farne micidiali istromenti d'intrattenimento.

Come un'alata piaga biblica ortottera invadevamo, consumando: non salvandosi nemmeno le mezze bottiglie di birra abbandonate negli angoli né, tantomeno - se la Disperazione era davvero forte - i bicchieri quasi-finiti e senza più un padrone. E se l'ora era tarda - ché d'attardarsi capitava - e scarseggiavan' gli elementi per un buon aperitivo tradizionale - beh: s'usava quello che c'era, senza tema d'esperimentare: cfr. un beverone - è sufficiente l'onomastica a illustrarlo - come il fantavermouth, estate duemilaesette o giù di lì.

E con le nostre vele di tovagliolini solcavamo i flutti, tangendo i minacciosi gorghi di Imbevibile e le perigliose secche di Dannoso: forti alcuni di noi della convinzione interiore che la cirrosi sarebbe stata, in fine, solamente un ispessimento dell'organo del coraggio.

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