[sì, vabbè - l’autore vi ha mentito: la tacchénza lirica, o perlomeno la Prosa Viola, ancora. Non odiatelo.]
E si era fedeli; stanziali, e fedeli. In piccoli gruppi ci si insediava in – o fuori da – bar d’elezione, dove l’elezione chiaro non era che parametri seguisse: s’è usi calunniare con maldicenza e malalingua riguardo a vantaggiosi rapporti quantità-prezzo: vantaggiosi per scarsèlle studentesche, certamente, e accolti con ghigni malsani e urletti di liberazione a scapito di Qualità: ma eravamo fisicamente funzionanti, e menefreghisti - no?
Stanziali, quindi: svernavamo in un bar d’elezione, dietro a vetrine dai colori antagonisti che si illiquidivano dal di dentro dei respiri, e del grado altissimo dei vapori d’alcolico. Ai primi caldi migravàmo, poi, ricercando i più amabili habitat de’ tavolini e ombrelloni: incrociando per rotte eteree e leggiadrissime – ma punteggiate di oggetti sbattuti-contro nell’ondeggiare, e quindi fatti cadere con fragore e rotture - per queste rotte incrociando altri gruppi, anch’essi in spostamento stagionale: frammischiandoci ad essi; e la Piazza ci accoglieva tutti generosa – la generosità infida della trachite appiccicosa di bicchieri mezzo rovesciati.
E si era fedeli: fedelmente ciechi e sordi. E conseguentemente, in questa fedeltà d’amanti s’era maltrattati: strattonati, trascurati, e ingannati. Alcuni ricordano, per dire, un vecchio momento dell’istoria dello spritz in città: di quando cioè, almeno un sei anni fa – rispetto a questo mio attimo di rimembranza di fronte al monitor; ma era comunque una di quelle quasi-estati, od estati anticipate, poi usate per almeno un lustro come termine di paragone terribile: impietose per la canicola flaccida, fiaccante. Così nell’umidore che non dava tregua si percepì ad un certo punto, nello spritz del bar di fiducia di quei tempi, un violentissimo gusto d’amarena: ostico al palato, antipodale alla necessità di soddisfar la sete tormentosa. Così, lamentammo: e tra scuse innumerevoli ci fu elargita spiegazione, e un altro aperitivo – stavolta bén preparato; la spiegazione parlava d’ordini sbagliati: e dell’arrivo nei magazzini del bar di una partita di orrendo Campari alla ciliegia – o qualcosa del genere. Campari apocrifo che le nostre amatissime – ciecamente amatissime – bariste, invece di disfarsene, usàron’ quindi per aperitivi. E con l’inganno pure a noi continuarono a somministrare questa cosa ciliegiòide: e a lamentele nostre facéan seguire scuse, poi tentative raffinazioni, e diluimenti: che non avrebbero potuto assolutamente ingannarci. E continuò, questa pratica sconsiderata – diluimento, miscelazione, primo-sorso, lamentele, Scuse, Ve lo rifaccio col Campari normale, finché tanto poté il senso di inganno e tradimento, che ci alienò da lì:
irrimediabilmente.
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