giovedì 13 maggio 2010

Sul perché i giovani scrittori italiani non hanno niente da dire

Hai 10 anni.
Sei nato a San Francisco, in California.
La tua casa è vicino al Golden Gate Park, a due passi dall’imbocco di quella baia in cui Jack London da ragazzino pescava ostriche di frodo.
Hai avuto un’infanzia come tutti: amici, scuola, genitori. Nulla di particolare.
Nel 1938 una lieve tonsillite.
E' iniziata con un normale raffreddore, un po' di mal di gola, qualche linea di febbre. Nulla di preoccupante. Una banale infezione delle vie aeree – ha detto il medico.
E’ passata in pochi giorni.
Qualche tempo dopo, una domenica passata a giocare con gli amici e la sera ti sentivi tutto indolenzito. Le ginocchia, i gomiti, le caviglie. La notte ti sei svegliato febbricitante e in preda al panico, il cuore che batteva come dopo una corsa.
Il medico è venuto di nuovo. Ti ha visitato con cura.
Febbre reumatica – ha detto preoccupato. – Nei bambini spesso causa artrite alle articolazioni e soffio al cuore. E’ necessario il ricovero.
Papà e mamma ti hanno portato allo Stanford Children’s Convalescent.
Ci sei rimasto un anno intero.


* * *


Il 28 febbraio 1939 ho compiuto 11 anni.
Rose è venuta a farmi gli auguri e mi ha anche regalato un numero di Flash Gordon.
Mi piace Rose, è gentile. Mi aiuta a muovermi, mi lava e mi dà le pillole tutti i giorni dopo le terapie, così dormo e sto meglio.
Io non sempre le prendo, però. Quando ho troppo male sì, ma quando mi sento abbastanza bene fingo di mandarle giù e poi le nascondo, così posso prenderle tutte insieme quando mi legano alla bara. Mi sembra di dormire per giorni e non sento più quel male tremendo alle gambe e alle braccia.
Oggi è il mio compleanno e vorrei che la mamma fosse qui con me.
Invece c’è solo Rose.
Mamma e papà si sono trasferiti in Kentucky qualche mese fa e quando esco dall’ospedale li raggiungo anch’io. Papà è del Kentucky e gli hanno dato un pezzo di terra, mi ha detto.

Qualche giorno fa ho visto Rose parlare con il dottore, non so di cosa, ma guardavano me.
Nel pomeriggio Rose mi ha detto che sto migliorando e tra pochi mesi posso uscire e tornare da mamma e papà.
Le ho chiesto le pillole e mi ha guardato in modo strano.

Ieri mamma al telefono mi ha detto che c’è un treno che arriva fino a lì, a Madison County.
Tra un mese di sicuro vengono a prendermi e insieme prendiamo il treno e attraversiamo tutti gli Stati Uniti.

* * *


Walter Tevis nasce a San Francisco il 28 febbraio 1928.
All’età di 10 anni, a causa di una febbre reumatica, viene ricoverato allo Stanford Children’s Convalescent.
A un paio di mesi dal ricovero del figlio i genitori si trasferiscono in Kentucky, nel midwest degli Stati Uniti, dall’altra parte dell’America.
Il piccolo Walter rimane un anno ricoverato in California, dieci mesi completamente solo.
Gli esami e le terapie cui è sottoposto sono molto dolorosi, in particolar modo il trattamento che lo costringe in trazione legato ad una struttura di metallo al fine di curare l’artrite causata dalla febbre reumatica.
Suoi amici intimi diventano fenobarbital e luminal – barbiturici dalle proprietà ipnotiche, sedative e anticonvulsive che negli anni ‘30 e ‘40 venivano spesso prescritti contro l’insonnia. Tra gli effetti collaterali legati all’uso prolungato, l’aumento del rischio di fratture dovuto alla diminuzione della densità ossea.
Per un anno gliene vengono somministrate dosi quotidiane.
In breve ne sviluppa dipendenza.
Una volta dimesso dall’ospedale affronterà da solo il lungo viaggio in treno che lo porterà a ricongiungersi con la famiglia.
3500 km.
11 anni.

Romanzi di Walter Tevis:
- Lo spaccone
- L'uomo che cadde sulla Terra
- Futuro in trance
- A pochi passi dal sole
- La regina degli scacchi
- Il colore dei soldi

(Gino Savage tornerà su Sanjuro il 31 maggio! Smutandatevi!)

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