mercoledì 19 maggio 2010

Non tutti gli aperitivi. Preambolo, 3/4

Racconta, S. - nel suo peculiare irresistibile coloritissimo stile di resocontazione - racconta S. della sua prima mostra all'estero. Anni fa - quindici, venti? A Budapest, una collettiva. Pezzi e opere sono già sul posto, sotto teca od ai muri. Partono in macchina con un buon anticipo: quattro artisti, bagagli per quattro, bottiglie per il viaggio a sufficienza. Si perdono nel Carso, perché qualcuno conosce un posticino imperdibile che assolutamente-; valicano la frontiera friulana, attraversano la non-ancora-Slovenia insistendo spesso di slibovizza per mandare giù le varie salsiccétte speziate, i diversi porcellétti allo spiedo. Poi le pianure verde-spento - era autunno - dell'Europa centrale; tàngono il Balaton, e alcuni bacini lacustri minori. Giungono in vista del Danubio quasi centocinquanta chilometri troppo a sud – è stata la palinka: la palinka! Arrivano in fine a Budapest il giorno prima della mostra. A Budapest sono ospiti di tale persona, amico della fidanzata di un amico incisore vecchia-scuola; più che ospiti, hanno a disposizione questo appartamento in un quartiere periferico che ha nel nome due umlaut, e un ulteriore accento non convenzionale. Svuotano tutte le bottiglie che trovano in casa – c’è tantissima birra – più le ancora ricchissime scorte personali; parlano tutto il tempo di arte, e un po’ meno di Arte. E' quasi notte quando riescono a produrre una pasta scotta e pallidina. Mangiano: poco, male. Ricominciano a parlare di arte: e iniziano a litigare. I toni si scaldano – si urlano dietro piuttosto feroci; attorno alle quattro di mattina, profittando di un attimo di tregua, qualcuno propone di fare un tè, una camomilla, e andare a dormire; la vernice della mostra è la mattina dopo, a metà mattina: fondamentale artisti italiani presenziare eccetera, diceva l’ultimo telegramma. Mettono dell'acqua a bollire. Sulla confezione parallelepìpeda di carta pesante pescata dentro uno stipetto in cucina c'è disegnata una pianta un po' generica, ma la grafica pare sufficiente a corroborare le doti blandamente sedative dell'infuso: comunque fiori secchi camomilliformi, sembravano [sic.]. Ma l'agglutinante lingua magiara custodiva invece, con solo apparente gelosia, il segreto di un lassativo potentissimo, la cui efficacia pressoché ultraterrena è evidentemente sconosciuta nell'Europa romanza: Romania esclusa, forse. Seguono al risveglio, già abbastanza attardato, i poderosi movimenti addominali: e attriti per l'uso dell'unico bagno, il susseguente rinfocolarsi delle baruffe e via dicendo. Per tutto il giorno nessuno riesce ad uscire di casa: si trascinano sofferenti, o giacciono, mentre gli zelanti organizzatori della mostra – e gli ancora più zelanti funzionari e diplòmati dell’ambasciata – li cercano per tutta la città: non riuscendo a trovarli. Artisti italiani snobbano Budapest, tipo, su qualche illeggibile quotidiano ugro-finnico, a firma di un Tibor o Bálazs o Ferenc qualunque.

***

[certo; la quarta e ultima parte del preambolo qui, domani]

Nessun commento:

Posta un commento