venerdì 27 agosto 2010

Capitolo I, accenno alla settima parte

[nel quale l'autore, rallentato - o meglio, forse, allentato - da' recenti caldi, ed estivi allettamenti di pigrizia, vi propone un lento ritorno ai quadri generici che andranno a far da sfondo alla sua opra faticosa: pochi altri, di quadri generici, ancora: dopodiché si potrà finalmente entrare in un qualche vivo-dell'-azione - o così tenta di farvi credere, almeno, lui]


quindi, la vita ricominciava.

Filtrati dalla Piazza - traslati senza-potervi-fare-nulla chissà-dove - era improvvisamente - anzi: era subito mattina; quel tragico lacerto di giornata - ominosamente annunziato dai più intensi ticchettìi che precédon' il suonar di sveglia - nel quale corpi provati, abusati, saturi di sostanze hanno il quasi esclusivo scopo di essudar fuori le tossine d'alcool, e i cataboliti d'una insufficiente, aleatoria, di-fortuna alimentazione: lo scopo di Sopravvivenza, insomma. E questi nostri corpi si risvegliavano - bén prima spesso di nostra coscienza - si risvegliavano imbarcati [ven.] secondo le fògge dei contenitori entro i quali èran crollati, straziati: letti, divani, divano-letti, panche, sedie, sedie accostate tra loro - una di fianco all'altra od una di fronte all'altra, a seconda d'a quale scuola estetica s'appartenesse; financo pavimenti - e, se fortunati, potendo anche contare sull'accogliente superficie d'appoggio d'un tappeto.

Ci si alzava, quindi, ad'una mimesi di verticalità accettabile, tutto tranne che pronti-per.

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