Ovvero il web letterario italiano sunto in stringatezza per chi c’ha ancora in mano l’ultimo mojito preso in vacanza (e non lo vuole mollare manco morto).
Le grandi spine che hanno occupato la maggior parte dei deretani letterari nei mesi estivi sono state essenzialmente due, vale a dire: spina 1, o la Questione Morale Mondadori; spina 2, o i Ggiovani Scrittori Italiani.
Prima spina: ce la si potrebbe cavare semplicemente dicendo che la questione sollevata su Repubblica da Vito Mancuso, e che andava comunque a innestarsi in una selva di polemiche già attive e rigogliose sulla rete da parecchio tempo, dal punto di vista legale non è così scandalosa o aberrante come la si è voluta porre (si veda la serie di interventi sul blog di Mfisk, che affronta la vicenda da addetto ai lavori). O anche come la posizione più condivisibile e articolata sia quella di Antonio Moresco su Il Primo Amore (sempre che si riesca a sopravvivere alla sua prosa come al solito esondante). Poi però quello che salta di più agli occhi in tutto questo florilegio di premesse personali, sedute di autocoscienza e note a margine è la fiera alzata di scudi di chi, per mesi, non ha avuto niente di meglio da fare che dargliela addosso in più maniere a Paolo Nori per la sua collaborazione con Libero. Alla fine tutto questo rigiro di accuse, distinguo e proclami sembrano configurarsi come l’ennesima occasione nella quale s’è scritto e s’è straparlato sostanzialmente di se stessi, di quello che s’è fatto-detto-vissuto-lottato-conquistato-contraddizionato-liberato-etceterato. Peccato.
Per quanto riguarda la seconda spina, potete trovare tutta la querelle sollevata a partire da una indagine del Sole24ore (generata dal documentario Senza scrittori di Archibugi e Cortellessa) comodamente raccolta in sito e in pdf dal benemerito The diary of Tortov Roddle: questo è il post, e questo è il pdf. A voler fare una superstringa di tutta la pappardella viene fuori, più o meno, qualcosa del genere – cosa deve fare uno scrittore under 40 italiano, o uno scrittore italiano in generale, per essere considerato bravo, ma bravo davvero? Presto detto: bisogna trovare una propria voce; bisogna trovare una propria idea; bisogna analizzare il proprio periodo storico; bisogna trascendere il proprio tempo; bisogna partire da qua; bisogna partire da là; bisogna leggere gli ammeregani; bisogna leggere gli italiani di una volta; bisogna leggere gli italiani contemporanei del futuro; bisogna schifare il successo; bisogna affrontare il sistema mediatico; bisogna pubblicare di meno; ma anche no; in Francia stan messi meglio e non si fanno pippe; macché, in Europa stanno messi con le pezze al culo come noi; il mercato è cattivo; il mercato non è poi così cattivo; non ci son più gli scrittori di una volta: meno male; non ci son più gli scrittori di una volta: che amarezza; il problema vero è la critica; il problema vero è la forma romanzo; il romanzo è morto [no, sul serio, son riusciti a scriverlo ancora]; è tutta una cricca!; è tutta una noia!; è tutto un schifo!; vi siete dimenticati di Ciccio Pasticcio, vergogna; vi siete dimenticati di Lello Vitello, vergogna; no, vergognati tu; no, vergogna tu; vergogna; vergogna. In tutta questa sagra che si è risolta nel puntarsi reciprocamente il dito addosso, e che è risultata essere più dell’opinione che non della critica, il vero trionfatore mi è sembrato il Cortellessa, la cui capacità di aver in sostanza indirizzato se non proprio monopolizzato tutto il discorso critico degli ultimi mesi è stata davvero magistrale.
-numero speciale di Follelfo. Leggetelo.
-menzione di disonore per Bruno Vespa che, al Campiello (‘spetta un attimo: Bruno Vespa al Campiello? Ma è come se Marzullo fosse il responsabile della cultura di Rai 1, o presentasse il Festival di Venezia (‘spetta un altro attimo...)), fa il camionista (con tutti il rispetto per i camionisti; mio padre, per dire, è stato un camionista) con la Avallone. La Murgia giustamente si incazza; Vespa fa come quello che pesta una merda e si incazza se gli dici che è meglio se si pulisce la scarpa (il problema è che poi Vespa, quella merda, non è che l’abbia solo pestata: ha preso la scarpa, l’ha incerata, l’ha messa in esposizione e con un paio di aiuti giusti l’ha pure venduta) (un po’ la storia della sua carriera, insomma); la Avallone risponde in una maniera tale (“Massì, maddai, maccheccefrega”) che adesso capisco come abbia fatto a scrivere Acciaio. Qui il video, se ci tenete a sprofondare di qualche altro centimetro.
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